Le premesse filosofiche

Delimitazione dei campi di studio.

Preliminarmente fisseremo lo schema, o meglio le coordinate generali, della trattazione, che sarà via via delucidato nel seguito del corso.

  1. a) Homo Sapiens è di gran lunga il mammifero più evoluto dell’ecosfera, il cui sviluppo negli ultimi 10 millenni ha assunto via via una impensabile velocità, probabilmente a causa del carattere sociale che ha assunto la convivenza.

Negli ultimi 3 millenni e molto più negli ultimi 3 secoli la velocità di sviluppo è stata tale da approssimarsi all’ esaurimento delle limitate risorse della biosfera  e mettere in dubbio le stesse possibilità di sopravvivenza della specie.

  1. b) Il problema assume dunque un duplice aspetto:

—    approfondire e fare la massima chiarezza sulle radici culturali-ideologiche dello sviluppo dell’umanità fino alle loro attuali conseguenze tecnologico-scientifiche. Non esistono tante “filosofie”, come ricerca del sapere, come “teologia”, “filosofia della scienza”, “estetica” ecc. ma una sola, “la filosofia”, dai vari aspetti e sfaccettature.

Nella nostra trattazione privilegeremo la filosofia che si basa sull’esistente, cioè sulla natura, sulla materia.

—    individuare a partire da essa obbiettivi praticabili per uno sviluppo possibile della sopravvivenza della specie umana.

Faremo nostra la ben nota esortazione agli uomini di scienza che non è più il momento di limitarsi ad analizzare il passato, ma quello di modificare il presente per prefigurare il futuro.

  1. c) Ne consegue che il nocciolo di ogni ragionamento scientifico-filosofico sarà quello del potere decisionale. Le ideologie e le visioni filosofiche che le supportano sono state, sin dagli albori della storia, RIGOROSAMENTE al servizio dei gruppi di potere che si sono avvicendati. Non si può studiare la storia del pensiero filosofico e delle sue conseguenze tecnico-scientifiche senza tener conto della dinamica di questo continuo scambio tra sapere e potere. La storia della scienza è in realtà semplicemente la storia dell’uomo.

 

Vediamo ora di inquadrare nel tempo l’oggetto della nostra analisi della fisica-matematica (o potremmo meglio dire della filosofia della natura)

In sostanza di una porzione, vedremo quale, dell’attività teoretica e pratica di Homo sapiens ad iniziare dalle prime notizie in nostro possesso.

Per non divagare, diciamo che ci occuperemo degli ultimi 26  secoli della attività della nostra specie. Perchè proprio 26? E della straordinaria mole di tracce, in tutto il mondo, sopratutto architettoniche, dei secoli e millenni precedenti?

Sceglieremo di occuparci di quella parte dell’attività umana che ha influenzato ed influenza in modo significativo la cultura teorica e pratica della nostra epoca, in particolare con l’introduzione della scrittura.

Il passaggio dalla descrizione mitica di entità “al di sopra” del reale a quella della realtà immanente (la ricerca della spiegazione delle leggi della natura) non poteva continuare ad esprimersi con lo strumento della rappresentazione figurativa o della trasmissione orale (poemi epico-religiosi): necessitava di uno strumento nuovo, puramente simbolico, estremamente complesso, quale la scrittura fonetico-simbolica, che apparve appunto attorno al VII – VI secolo a.c.

Le prime tracce di quella cultura le rinveniamo proprio 25-26 secoli addietro nell’area mediterranea, sulla quale si riversavano popoli provenienti dai più diversi siti dei continenti che vi confluiscono.

In quei secoli e in quell’area si compiva il salto epocale del livello culturale di Homo Sapiens. Si passava dalla descrizione mitologica di eventi e personaggi “al di la” della realtà tangibile, dalla descrizione dei timori e dei terrori che la realtà totalmente incognita causava nella popolazione primitiva, al tentativo di interpretare e comprendere la realtà medesima. Dal mito al logos, alla descrizione, dalla “Meta-fisica” alla “Fisica”. Dal terrore alla coscienza, alla ricerca della conoscenza.

 

Cultura greca e culture orientali

Altre pur importanti e antiche civiltà (indiana, estremo-orientali, meso-americane) non facevano, a quanto si sa, passi analoghi nella lettura del reale, rimanendo confinate in ambiti essenzialmente ancestrali.

Scrive G. Reale: “…per quanto concerne la filosofia, ci troviamo di fronte ad un fenomeno così nuovo che non soltanto non ha corrispettivo di fronte ai popoli orientali ma nemmeno a qualcosa che ammetta il paragone…. con la filosofia dei Greci. Rilevare ciò significa, né più né meno, riconoscere che …i Greci diedero alla civiltà qualcosa che essa non aveva e che -come vedremo- si sarebbe rivelata di tale portata rivoluzionaria da mutare il volto alla civiltà medesima. Senza tenere ben presente questo concetto, è impossibile comprendere perchè la civiltà dell’intero Occidente abbia preso, sotto la spinta dei greci, una direzione totalmente diversa da quella dell’Oriente né perchè la scienza sia potuta nascere appunto solamente in Occidente e non in Oriente. Né si potrà capire perchè gli orientali per beneficiare della scienza occidentale e dei suoi risultati abbiano dovuto far proprie….le categorie della logica occidentale,… ed è stata la filosofia a generare in funzione di queste categorie, la scienza stessa  e le sue applicazioni.”

Studiosi di indubbio valore (es. R.Balbi, R.Levi Montalcini) connettono il salto di qualità del passaggio alla concezione logico-razionale dell’esistente al progressivo sviluppo neurofisiologico evolutivo della neocorteccia, determinatosi negli ultimi millenni. E’ noto che la neocorteccia è esattamente la sede delle connessioni cognitive avanzate, sede quindi degli sviluppi e degli avanzamenti dei fenomeni culturali.

 

Le caste sacerdotali

E’ fin troppo evidente come la cultura del Mithos, dell’abbandono fideistico alle forze dell’ aldilà, della rinunzia all’autocoscienza per l’accettazione dei più assurdi misteri, sia la base fortissima dello sviluppo delle caste sacerdotali, da cui prende corpo poi il potere politico-economico-militare con la conseguente oppressione degli “eletti” sulle grandi masse.

Per millenni, ristretti gruppi sacerdotali ed i loro complici politico-miliari hanno vissuto nel più indegno lusso approfittando delle donazioni estorte alle masse popolari col terrore del futuro prossimo e dell’aldilà (v. per tutti il “Levitico”. La lettura di tale testo chiarisce senza ombra di dubbio la potenza ricattatoria delle caste sacerdotali che assicurano infinite sciagure a chi non intenda assoggettare i propri comportamenti alla volontà della classe dominante. E d’altronde, persino nel primo cristianesimo, l’esortazione attribuita a  Cristo di dare a Cesare quel che di Cesare è, chiarisce senza ombra di dubbio l’intreccio di potere tra caste sacerdotali e poteri statali.)

 

I presocratici:

Scarse tracce sono restate della ricchissima produzione teorica dei primi studiosi dell’area mediterranea, sin dal VI° sec. a.c.,  comunemente riuniti nella categoria dei “presocratici” anche se talvolta contemporanei o successivi a Socrate.

Avversati e censurati da tutte le forze legate al potere via via dominante, di essi si conoscono prevalentemente i brani ed i frammenti citati dai loro nemici idealisti e metafisici, essi si, riscritti e salvati dai loro seguaci e successori, e successivamente, nell’area cristiana, dai monaci scrivani che mai avrebbero “salvato” i loro proverbiali nemici.

Le aree di massimo sviluppo della filosofia naturale e quindi della filosofia matematica e fisica, furono le colonie italiche delle popolazioni greche (Elea,Taranto, Metaponto, Crotone, Locri), quelle sicule (Leontini, Agrigento) e quelle joniche (Efeso, Mileto, Samo, Abdera, Apollonia…).

Non appare un caso che essa si sia sviluppata lontano dal centro del potere, da Atene, dove le classi dominanti a tal punto avversavano le filosofie antimetafisiche da arrivare a giustiziare Socrate come corruttore delle coscienze dei giovani,per la sua avversione al fideismo religioso imperante.

Si tenga presente che nelle colonie si sviluppava una popolazione che oggi definiremmo “imprenditoriale”, gente di mare in cerca di commerci e rapporti esterni, legati a concreti problemi da affrontare e risolvere in stretto rapporto con il mondo reale, un clima sociale stimolante in una fase di grande sviluppo economico e quindi anche culturale, con grandi esigenze di tipo pratico-operativo che comportavano anche richieste di soluzione di problemi reali, alla base poi, a loro volta, di una sistematizzazione matematica, via via sempre più astratta.

Nel rimarcare l’importanza di approfondire su testi specialistici lo studio della filosofia naturale o materialistica dei Presocratici, presenteremo uno schema minimo ma essenziale del pensiero dei più importanti rappresentanti di quella fondamentale stagione dell’ umanità, ancora oggi cruciale per gli sviluppi del pensiero scientifico-filosofico.

Si attribuisce a Talete di Mileto che visse fino alla metà del VI secolo la qualifica di “primo filosofo”. La sua proposizione fondamentale nasce dalla osservazione della centrale presenza dell’acqua nella materia che ci circonda, nella physys, che è più che natura, è essenza prima di ciò che ci circonda.

Platone lo definì un ingegnoso inventore di tecniche con le quali operare sulla natura senza bisogno di fare ricorso a cause esterne. Naturalmente data la estrema potenza attribuita all’acqua, è essa che assume in tale quadro la funzione del divino, per cui Patone aggiunse che per Talete il mondo è pieno di Dei, così come è pieno di acqua nelle sue varie e sfaccettate forme.

Figura centrale nello sviluppo della filosofia greca fu Pitagora (570 circa), nato a Samo,  grande viaggiatore poi stabilitosi a Crotone dove fondò una vera e propria scuola, con tutte le caratteristiche di una conventicola di iniziati. La sua figura ci è pervenuta in forma mitizzata (non lasciò nulla di scritto) e probabilmente deformata attraverso i racconti mitizzati degli allievi e degli allievi degli allievi, alcuni dei quali gli attribuirono persino un carattere sovrannaturale.

Tentiamo di estrarre gli elementi essenziali della sua opera, in primo luogo alla posizione centrale che i pitagorici danno al numero,considerato non come entità astratta ma come componente essenziale delle cose.

Il passaggio dalla descrizione qualitativa della realtà (cosa “grande”, “piccola”, “molto piccola”) alla sua rappresentazione numerica, e quindi alla definizione delle “unità di misura”, fu uno straordinario balzo in avanti nel pensiero fisico, una delle tappe fondamentali nello sviluppo  del pensiero e del fare della specie umana.

La materia è, per i pitagorici, incomprensibile,se non determinata,limitata e numerata.

I pitagorici scoprirono una serie di fenomeni naturali che si sviluppano secondo rapporti numerici e quindi matematici. Ad es. è ben nota la costruzione di una vasta teoria musicale basata sui rapporti matematici delle lunghezze delle corde vibranti.

Queste scoperte li portarono addirittura ad attribuire ai numeri la natura di VERA  realtà, sappiamo bene d’altronde che il progresso del pensiero si sviluppa attraverso strade contorte e contraddittorie. La via della idealizzazione del numero portò più tardi Platone e, dopo, Aristotele, a costruire una mitologia della matematica come puro mondo ideale senza alcun nesso con il mondo reale.

Di Parmenide di Elea (Velia) (VI-V sec) troppo poco traspare dagli scarsi frammenti in nostro possesso. Certo è che al di la della sua visione dell’esistente come una compatta e immobile sfera di materia (che poco potrebbe interessare per la sua mancanza di dialettica) che  ci hanno tramandato i suoi tardi detrattori, resta solo la sua certezza della materialità dell’esistere, anche se non è certo poca cosa.

Per Empedocle da Agrigento, filosofo naturalista e medico, vivere e morire non sono il passaggio dal nulla all’essere e viceversa ma una continua trasformazione da uno stato ad un altro di quattro elementi fondamentali. E’ l’esperienza a permetterci di conoscere le leggi delle trasformazioni degli elementi, non il ricorso a categorie sovrumane.

Per Gorgia da Lentini, così come per Protagora, l’essere umano non è in grado di conoscere l’ (eventuale) divino, o l’essenza in se della natura. Il problema non è quindi proponibile in quanto intrinsecamente privo di significato operativo per quanto riguarda l’intervento sulla realtà. “Le cose che non si rivelano a nessuno degli uomini, nemmeno esistono” (Protagora).

Un fondamentale aspetto della filosofia materialista fu la medicina, che con Ippocrate da Cos (460) raggiunse il livello più alto di consapevolezza. Contro una medicina basata su antiche superstizioni teologiche, Ippocrate basa la sua teoria sulla esperienza empirica, sistematizzata però in una teoria complessiva dove il loghismos, il momento logico, assume un ruolo centrale.

L’ipotesi materialista trovò il suo più conseguente esponente in Democrito da Abdera (460) che a seguito di raffinatissimi ragionamenti riuscì ad affermare la natura della realtà come costituita da elementi indivisibili (atomi) differenti dai punti matematici, privi di estensione e massa, separati dal vuoto.

Come per gli altri filosofi materialisti, ben poco si è salvato del corpus democriteus, ma quello che riusciamo a conoscere basta ad affermare che anche in assenza di sofisticate apparecchiature da laboratorio, la forza del logos,del ragionamento, permette di sviluppare le nozioni empiriche per condurle a conclusioni di carattere del tutto generale. Così come il suo continuatore Epicuro, Democrito arriva a dedurre che gli atomi DEBBONO essere dotati di un costante movimento, anticipando di più due millenni la teoria cinetica della materia di Maxwell e Boltzmann.

La scienza si fonda per Democrito su una struttura matematico-geometrica che ci permette di capire e di operare sulla realtà, nella quale si sviluppa l’uomo, la sua cultura ed il suo linguaggio.

La sua opera la ritroviamo un secolo dopo alla base di quella di Epicuro da Samo, che portò ai massimi livelli la consapevolezza della inconcludenza dei timori e delle apprensioni per una realtà soprannaturale, e della necessità per la filosofia di avere una funzione positiva nella soluzione dei problemi della vita di ogni giorno attraverso la fisica e la medicina. La liberazione dalla paura degli dei, la conquista della autocoscienza, il raggiungimento di una visione della realtà libera e serena è il massimo obbiettivo che l’uomo possa, sia pur faticosamente, raggiungere.

L’opera di Epicuro ci è stata tramandata in una versione banalizzata e sostanzialmente ridicolizzata, come una filosofia volta alla ricerca del piacere individuale. Ciò non è casuale, se si ha presente la profondità del discorso epicureo e la sua “pericolosità” nei confronti delle concezioni avversarie. Così ad es non è casuale l’avversione sarcastica di Cicerone (di cui sono ben note le posizioni politco-sociali) verso l’epicureismo e le falsificazioni che egli opera sui testi di Epicuro.

Il più alto sviluppo nello studio delle matematiche lo troviamo in Euclide, Eudosso, Erone, che portarono il pensiero e sopratutto il linguaggio  matematico ad un livello che per due millenni non ha avuto  rivali.

Ma la figura che sposta più in avanti lo straordinario livello del pensiero materialistico è quella di Archimede da Siracusa. Nel periodo alessandrino diversi grandi matematici compresero come la propria scienza dovesse essere riallacciata all’osservazione empirica del reale, ed interagire con esso. Archimede fu assieme sia uno straordinario tecnico (oggi diremmo un ingegnere) che uno straordinario matematico. Le risposte che Archimede dava alle esigenze tecniche della sua epoca venivano trasfuse in una trattazione generale prettamente scientifica ed elaborate con sofisticate tecniche matematiche.

Non a caso alcune delle più straordinarie scoperte matematiche di Archimede contenute nel famoso “Palinsesto” casualmente e recentemente rintracciato furono abrase e coperte da un eucologio cristiano.

Ma, come accennavamo prima, col mutare delle condizioni storiche, (la crisi delle città-stato, l’impero alessandrino), a partire da una serie di parziali ritorni a concezioni metafisiche, nel pensiero greco riprende ora il sopravvento una visione sempre più apertamente collegata ad ancestrali posizioni idealiste.

 

 

 

Platone ed Aristotele

Dei due maestri dell’idealismo greco possiamo dire di avere a disposizione  l’opera omnia, accuratamente tramandataci dalla tradizione religiosa che ne ha fatto il suo substrato ideologico. Daremo quindi solo qualche cenno sullo sviluppo dell’ idealismo a partire  dalla matematica del V° e IV° secolo, nel quale la  tendenza ad attribuire alle quantità matematiche  un valore assoluto, soprannaturale, portò alla  concezione di un mondo astratto, superiore al mondo sensibile, in definitiva  il mondo delle idee, di cui la realtà materiale sarebbe solo una illusoria rappresentazione.      Da qui la contrapposizione platonica tra la purezza del linguaggio matematico e la presunta volgarità dell’esperienza sensibile, come dire il rovesciamento di secoli di sviluppo della filosofia naturale. Ricordiamo che nel 324 Alessandro pretende onori divini dai sudditi greci       .

Un cenno su un punto centrale della dinamica aristotelica, un caposaldo della fisica rovesciato solo da Galileo: l’esperienza empirica ci dice e conferma che un corpo deve essere sottoposto ad una  forza costante per muoversi con velocità costante. E’ un esempio clamoroso di come, in assenza di una elaborata capacità di astrazione, l’empiria possa condurre a evidenti contraddizioni ed a leggi fisiche radicalmente errate.

Vedremo invece più avanti con quale procedimento Galileo e Newton abbiano potuto affermare che, sottoposto ad una forza costante, un corpo varia, con accelerazione costante, la propria velocità, formulando il postulato-cardine della dinamica.

 

I secoli degli imperi

Nel sollecitare l’approfondimento su         testi specialistici della filosofia greca, crediamo di avere fissato, con lo schema precedente, gli elementi cardine dello scontro  tra le due visioni del mondo che caratterizzarono il periodo “greco” (le virgolette  si riferiscono alla loro diffusione in tutte le aree circostanti il Mediterraneo).

Con la morte di Aristotele, che, ricordiamo, fu il precettore di Alessandro il Macedone, si apre la fase della stabilizzazione dell’idealismo classico nell’ epoca degli imperi, greco prima, romano e bizantino poi, e ancora germanici, papali, franchi, ecc.

Da Costantino in poi, l’Aristotelismo diviene, assieme al neoplatonismo, la filosofia ufficiale del potere più spietato e assoluto, in tutte le sue componenti in sanguinosa lotta tra loro.

Riportiamo un brano di una impeccabile lezione di A.Banfi: “E’ noto che alla società….. del Medioevo costruita su quella tipica struttura gerarchica che è rappresentata dal feudalesimo, corrisponde una visione della realtà anch’essa gerarchica e ordinata secondo un sistema finalistico in una prospettiva teologica.

La vita umana è considerata come essenzialmente sottomessa ad una legge di ordine fondamentale, che si giustifica in una concezione metafisico-teologica del mondo.

 

 

 

La nuova classe sociale e la nuova scienza

Quella che Dante chiamò “la gente nuova”, la nuova “classe borghese”, rompe questo cerchio di ordinamento feudale e con la sua iniziativa economica – ”i subiti guadagni”-, si sviluppa l’artigianato, la manifattura, il commercio, il sistema finanziario, dando origine ad un vasto rinnovamento civile, in tutti i campi della cultura, politica, educazione, arte e religione. Questo nuovo ceto sociale spezza le strutture antiche e con esse anche la corrispondente visione del mondo…………L’Ulisse dantesco esprime realmente un indirizzo profondo dell’animo di questa classe borghese che viene sorgendo alla ribalta della storia…..Anche all’interno della stessa filosofia si comincia a non crede più al valore dei metodi puramente speculativi, e vediamo sorgere l’appello alla esperienza, fonte di conoscenza e richiamo forte alla realtà, nel quadro dell’esigenza di modificare la realtà stessa”.

Comincia quindi a scricchiolare la ricerca dell’ Assoluto,  di un modo “al di la”, a tutto ciò che giustifica il ruolo delle potenti caste sacerdotali,politiche e miliatri detentrici del “vero”, dell’ ”infinitamente giusto”, che si contrappone alla miseria della materia (e del “materialismo”) della vita quotidiana.

Dovremo attendere quindi ben più di un millennio per poter vedere emergere, tra lancinanti contraddizioni, dal seno stesso della filosofia e quindi della scienza “ufficiale”, personaggi come Leonardo, Tycho Brahe, Keplero, Giordano Bruno, Galileo, Newton. Per vedere tra mille contraddizioni e sanguinarie repressioni riemergere il clima della filosofia della natura e quindi del materialismo filosofico.

Riporteremo alcune osservazioni di Leonardo che meglio di decine di pagine di analisi semantica chiariscono quale clima andava maturando nel XV sec.

 

« Io credo che invece che definire che cosa sia l’anima, che è una cosa che non si può vedere, molto meglio è studiare quelle cose che si possono conoscere con l’esperienza, poiché solo l’esperienza non falla. E laddove non si può applicare una delle scienze matematiche, non si può avere la certezza. »

Se l’esperienza fa conoscere la realtà delle cose, non dà però ancora la necessità razionale dei fenomeni, la legge che è nascosta nelle manifestazioni delle cose: «la natura è costretta dalla ragione della sua legge, che in lei infusamene vive» e «nessuno effetto è in natura sanza ragione; intendi la ragione e non ti bisogna sperienza», nel senso che una volta che si sia compresa la legge che regola quel fenomeno, non occorre più ripeterne l’osservazione; l’intima verità del fenomeno è raggiunta.

Le leggi che regolano la natura si esprimono mediante la matematica: «Nissuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, s’essa non passa per le matematiche dimostrazioni», restando fermo il principio per il quale «se tu dirai che le scienze, che principiano e finiscano nella mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si niega, per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi mentali non accade sperienza, senza la quale nulla dà di sé certezza».

Il rifiuto della metafisica non poteva essere espresso in modo più netto. Anche la sua concezione dell’anima consegue dall’approccio naturalistico delle sue ricerche: «nelle sue [della natura] invenzioni nulla manca e nulla è superfluo; e non va con contrapesi, quando essa fa li membri atti al moto nelli corpi delli animali, ma vi mette dentro l’anima d’esso corpo contenitore, cioè l’anima della madre, che prima compone nella matrice la figura dell’uomo e al tempo debito desta l’anima che di quel debbe essere abitatore, la qual prima restava addormentata e in tutela dell’anima della madre, la qual nutrisce e vivifica per la vena umbilicale» e con prudente ironia aggiunge che «il resto della difinizione dell’anima lascio ne le menti de’ frati, padri de’ popoli, li quali per ispirazione sanno tutti i segreti. Lascio star le lettere incoronate [le Sacre Scritture] perché son somma verità».

Ma ribadisce: «E se noi dubitiamo della certezza di ciascuna cosa che passa per i sensi, quanto maggiormente dobbiamo noi dubitare delle cose ribelli ad essi sensi, come dell’essenza di Dio e dell’anima e simili, per le quali sempre si disputa e contende. E veramente accade che sempre dove manca la ragione suppliscono le grida, la qual cosa non accade nelle cose certe»

Cosa avviene da Galileo in poi nella struttura intima della ricerca, nella sua metodologia?          Seguiremo a titolo di esempio il percorso galileiano per la definizione della prima legge della dinamica dei corpi rigidi.

L’attenzione e l’intuito del ricercatore focalizzano punti oscuri delle teorie del passato, come nel nostro caso la dinamica aristotelica cui abbiamo accennato sopra. In particolare Galileo si chiede se per caso nella formulazione di Aristotele la presenza di fattori estranei non possa alterare la legge propria del moto. Potrebbe trattarsi ad es. dei vari attriti che intervengono nelle rilevazione empirica del fenomeno. A questo punto non basta interrogare i fatti nella loro rudimentale essenza fenomenica: la natura va interrogata spronandola a seconda delle esigenze dell’investigatore. Quindi Galileo si ripropone di separare i fenomeni che entrano in gioca, realizzando apparati  che oggi diremmo di laboratorio con l’uso di piani sempre più lisci e sfere altrettanto ben levigate. Si accorge quindi che al diminuire dell’attrito, una sfera lanciata e poi abbandonata, quindi in assenza di forze applicate, “tende” a mantenere il proprio stato di moto uniforme. E arriva così, con uno straordinario salto concettuale, ad affermare che “ove” l’attrito potesse essere abolito, il corpo si muoverebbe di moto uniforme in assenza di forze applicate.

Il problema dell’attrito verrà studiato a parte, e dalla combinazione simultanea delle leggi individuate potrà essere determinata la legge del comportamento reale di un corpo reale.

Ne parleremo nei dettagli a suo tempo.

Tale procedimento di idealizzazione concreta prevede:

  1. a) La creazione di una serie di unità di misura che permetta la trasformazione delle misure rilevate in una sequenza di numeri (è evidente il richiamo alla prima scuola pitagorica) da elaborare con tecniche di tipo prettamente matematico (ma non solo e non necessariamente).
  2. b) La successiva verifica (o “Cimento”) delle leggi così rilevate, da eseguire tramite “la progettazione di modelli che obbligano la natura a dirci in modo esplicito se essa obbedisce o no all’ipotesi da noi formulata; che, in altri termini, ci forniscono fenomeni misurabili i quali rientrano nella conseguenza dell’ipotesi anzidetta.

La misura di tali fenomeni dovrà in ultima istanza confermare l’ipotesi stessa o dimostrarne la falsità.

Spetta comunque alla natura, opportunamente interrogata, dirci la parola definitiva sulla verità o falsità delle proposizioni scientifiche. E’ insomma la realtà stessa a rivelarci la sua logicità che assume nel metodo galileiano un valore assolutamente superiore alla logicità astratta dei puri ragionamenti matematici. Per questo Della Volpe spiegando l’indagine galileiana, afferma che essa costituisce una logica materialista. Questo carattere materialista dipende dal fatto che la logica afferrata dal metodo di Galileo è insita alle cose stesse; perciò Galileo ci parla di “sensata et certa dimostratione”, cioè di una dimostrazione che è contemporaneamente certa come le dimostrazioni deduttive matematiche, ma diversamente da esse è “sensata” cioè basata sui sensi, sul concreto, e non su concetti astratti.

Da Galileo in poi generazioni e generazioni di fisici hanno adottato il suo metodo sperimentale, sviluppandolo, integrandolo e precisandolo con mirabile genialità. I loro successi hanno dimostrato inconfutabilmente che tale metodo era provvisto di una sua effettiva razionalità, e cioè che la via aperta da Galileo non era una via illusoria.

L’esistenza della Fisica, come scienza autonoma, legata si alla matematica ma non riducibile ad essa – cioè come scienza provvista di un suo rigorosissimo metodo, di suoi problemi e di sue caratteristiche applicazioni  – è uno dei tratti più salienti del mondo moderno. Esso influirà profondamente sulla filosofia e sul problema della conoscenza; ma influirà pure, non meno profondamente, sui mezzi tecnici di produzione e quindi sulla struttura stessa della società umana.” (Ludovico Geymonat)

 

Gli sviluppi successivi della indagine scientifica

Abbiamo descritto il clima di entusiasmo logico-sperimentale della fase pionieristica delle scienze naturali, strettamente connesse gli sviluppi della matematica alla quale si appoggiavano come supporto certo e stabile.

Man mano l’evoluzione della matematica evidenziava però la possibilità di  sviluppare strutture oltre che estremamente complesse, anche estremamente differenziate in quanto basate su gruppi convenzionali di assiomi. Assiomi quindi non assoluti ma puramente convenzionali, anche in contraddizione reciproca, a cui corrisponderanno differenti matematiche.

A quali delle tante matematiche corrisponderà la “razionalità” della natura?

Appare oggi sensato ritenere che ogni branca dei fenomeni naturali possa essere impostata sulla base di una delle tante teorie matematiche  (non sempre e non necessariamente, possono essere concepibili teorie scientifiche che non riusciamo ad esprimere in termini strettamente matematici!).

Cade quindi la visione metafisica di UNA  matematica superiore alle altre perché in sintonia con i risultati sperimentali e quindi con la razionalità della natura.

 

 

 

 

 

Al di fuori della filosofia naturale

Sia ben chiaro: con la scienza moderna, da Galileo in poi, si apre l’epoca moderna, ma lo scontro tra le due concezioni del mondo che abbiamo tratteggiato è ben lungi dall’essere concluso. La guerra continua, e ne parleremo a lungo. Una delle armi usate dall’esercito dei metafisici sempre in agguato è quella dell’ emotività, contrapposta “per definizione” alla “piatta e banale razionalità”.

E’ necessario allora precisare e delimitare un altro aspetto del nostro percorso: in questa sede ci occuperemo del pensiero scientifico e delle sue leggi, quindi solo di una porzione di ciò che Homo Sapiens ha prodotto ed ogni giorno produce. Perchè produce ancora sensazioni, emozioni, meravigliosi modi per comunicarle.

Ovviamente non ci occuperemo di tutto ciò, che costituisce il mondo delle arti, che deve essere trattato con specifiche metodologie, un mondo a se stante, apparentemente senza rapporto col mondo materiale.

Sarebbe però un gravissimo errore ritenere il mondo delle sensazioni e della loro comunicazione, il “mondo del bello”, un mondo a se stante, senza rapporto con il mondo della quotidianità sensibile., con la realtà materiale. E con le sue leggi.

Le prime forme di arte che possiamo riscontrare, assieme ai graffiti rupestri, sono strutture architettoniche. Esse sono state realizzate ed hanno potuto sopravvivere nei millenni solo sulla base della conoscenza di precise leggi della fisica. Così come, a ben rifletterci, tutte le tecniche espressive ad oggi note, fino ad esperienze artistiche che richiedono tecnologie sofisticatissime ed estremamente complesse.

Prendiamo ad es. la forma espressiva che è, a mio parere, il livello più alto e più astratto di comunicazione emotiva, e cioè la musica. Essa ha non a caso via via utilizzato (a partire da Pitagora, e fino a Galileo, e più avanti) sofisticati strumenti di natura matematica e fisica che le hanno permesso di acquisire l’altissimo assetto attuale.

 

La scienza economica

Ci si potrebbe chiedere se la scienza economica possa essere ricondotta alla fisica ed alle sue applicazioni tecnico-ingegneristiche come scienza naturale.

Anche in questo campo la frattura tra le due linee di pensiero non potrebbe essere più netta: tra i corifei del pensiero metafisico rigorosamente nel campo del potere dominante, si sostiene che la base strutturale dell’economia sta nella fiducia che il consumatore periodicamente nega e poi ri-attribuisce al sistema, determinando con la sua propensione al consumo a seconda dei casi stagnazione o sviluppo. Si tratterebbe quindi di una questione meramente psicologica, individuale, sia pur per grandi numeri significativi solo statisticamente.

Al contrario, nel campo degli studiosi indipendenti, in grado quindi di analizzare senza paraventi la struttura centrale del fenomeno, si osserva che tecniche fisiche ed economia non sono che due facce intimamente connesse della stessa medaglia: ogni attività economica, primaria, secondaria o terziaria, altro non è che una complessa macchina termodinamica che ha come esclusivo obbiettivo finale quello di valorizzare (accrescere) il capitale investito. Non può quindi in alcun modo sottrarsi a quelle che sono le ferree leggi della termodinamica, ben note nella loro  essenzialità da quasi due secoli. L’insieme delle attività economiche poi, costituisce una enorme ma unica attività globale, anch’essa soggetta, senza possibilità di eccezione alcuna, alle medesime leggi. In particolare alle legge della crescita ineliminabile dell’entropia, cioè del disordine del sistema nel quale la macchina opera. In tali condizioni vedremo a suo tempo come la finitezza dell’ambiente terrestre, alla quale solo da alcuni decenni si riflette abbastanza e con sufficiente attenzione, renda ormai del tutto impossibile la ulteriore crescita del sistema economico su scala globale e quindi del tutto irreversibile la crisi generale del sistema.

Alle stesse conclusioni ma per vie del tutto diverse, era arrivato il livello più alto della economia “classica”, analizzando il flusso dei capitali che contribuiscono alla creazione ed alla valorizzazione continua del capitale, mediante una complessa formalizzazione di tipo matematico.

 

Un balzo in avanti, o l’azzeramento totale della biosfera?

Siamo, e negli ultimi anni la consapevolezza dell’evento è cresciuta a dismisura via via che la crisi economica toccava strati via via crescenti della popolazione mondiale, di fronte ad una svolta che potremo definire epocale. L’umanità intera comincia pian piano a rendersi conto di trovarsi in un vicolo cieco: l’enorme sviluppo tecnologico ha permesso la sviluppo fulmineo di attività produttive che: a) sono in massima parte inutili;  b) hanno condotto il livello di inquinamento ambientale a condizioni assolutamente insostenibili come appare, a solo titolo di esempio, dal riscaldamento globale. (crisi entropica globale). Studiosi di assoluta correttezza  scientifica cominciano e non da ora  a porsi il problema della  sopravvivenza di homo sapiens sulla biosfera.

Siamo in grado a questo punto di porci il problema: i 26 secoli della storia umana di cui ci occuperemo in questo corso, con la complessa lotta tra logos e mithos, tra realtà e metafisica, sono riusciti a produrre solo questo disastro? Una visione superficiale e banalizzante potrebbe portare a questa conclusione. Ma noi abbiamo visto anche che il percorso della storia dell’umanità e del suo pensiero è un percorso complesso, dialettico, e proprio per questo di enorme interesse che richiede un enorme impegno anche personale.

Possiamo invertire la catastrofica svolta che le forze produttive hanno imposto al pianeta utilizzando in modo distorto e privatistico secoli e secoli di eroica ricerca scientifica?         Riteniamo assolutamente di si, e sarebbe tragico se così non fosse e se dovessimo rinunziare ad una battaglia che assume caratteristiche di importanza vitale.

Serve allora serrare le fila attorno ad una ripresa di coscienza della assoluta necessità che le scelte di natura economica siano rigorosamente dettate da considerazioni di natura scientifica senza eccezione alcuna.

Nessuno spazio può essere concesso alle tendenze, strettamente funzionali alle forze del saccheggio ambientale, di recupero della astrazione religioso-metafisica.

Milioni di uomini e donne sono passati, negli ultimi decenni, da posizioni di intransigente lotta al saccheggio, a posizioni di tipo individualista, misticheggianti ed emotive, riproponendo immobiliste filosofie orientaleggianti e riscoprendo ogni sorta di scorie religiose ripescate nei meandri del passato.

Hanno cioè invertito di180° le loro scelte di campo, passando, magari senza accorgersene, nel campo avversario e sostenendolo vigorosamente con le loro inconcludenti opzioni. Uno splendido esempio di come l’ abbandono della razionalità scientifica, basata su  meditate metodologie, sia inevitabilmente funzionale alla casta  detentrice del potere, capace, pur di tentare di stringere ancora le redini dello sviluppo economico (o, peggio, di quello che ne resta!) di scavalcare, come un bufalo impazzito, tutti i limiti che quelle stessa scienza che li ha portati al loro posto, tassativamente impone.

Qual’è la base comune a tutta la paccottiglia metafisica che le caste dominanti hanno imposto a masse di sprovveduti ben deprivati preventivamente di ogni riferimento alla complessa realtà nella quale operiamo ogni giorno? Senza dubbio quello della stasi eterna, dell’esistenza di leggi perpetue ed immobili, che non vanno infrante e intaccate nella vana ricerca di soluzioni che non tengano prioritariamente conto della unica necessità vera: sintonizzasi con l’Ente superiore.

Rebirthing, Tao, Confucianesimo, Buddismo, Induismo, Religioni monoteiste, varie forme di “New” Age, hanno un unico comun denominatore, tenere a debita distanza ogni forma di analisi logica strutturale sulle cause materiali multifunzionali, profonde e complesse ma alla fine chiaramente individuabili, della catastrofe imminente.

In estrema sintesi: lo scopo di questo corso non può che essere quello di approfondire tutte le tematiche che la scienza impone, ma con un fine preciso e specifico: sensibilizzare ed attrezzare culturalmente noi stessi ed ogni individuo responsabile a mobilitarsi per bloccare la crisi entropica ( e conseguentemente ideologico-culturale) incombente.

 

 

 

 

 

 

 

 


2 commenti

Bruno-1935 · Settembre 16, 2018 alle 10:12 am

Questo è parlar chiaro anche se si tratta di speculazioni molto dotte. Complimenti. La ringrazio per avermi indotto a pensare in modo profondo nel bel mezzo della lettura della pubblicistica quotidiana (giornali e TV) che cerca di confonderci le idee occultando scopi personalistici e disonesti.

    AM · Settembre 17, 2018 alle 3:01 pm

    La ringrazio, il suo commento, che coglie il nodo delle questioni trattate, non può che farmi molto piacere.
    Come vede, non espongo una mia “teoria personale”, non credo proprio che ce ne sia bisogno.
    Mi è sembrato sufficiente mettere in fila fondamentali pareri dei più geniali studiosi del passato (remoto e prossimo) per evidenziare un filo rosso che da sempre si è contrapposto alle pretese dogmatico-metafisiche ed alle loro disastrose conseguenze.

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