PERMACULTURA, BIODINAMICA, GRILLISMO: FULGIDI ESEMPI DI AMBIENTALISMO REAZIONARIO
Un breve salto nella storia del movimento ambientalista:
Ricordiamo
intanto come Marx ed Engels siano stati gli antesignani nella
denunzia delle devastazioni che l’opera dell’uomo, agendo sotto i
diktat del delle ferree leggi del capitalismo, opera sulla
biosfera.
Negli anni ’50 si registra la prima contestazione
ecologica del xx° secolo, con in prima linea Barry Commoner come
biologo, a causa delle esplosioni nell’atmosfera delle bombe
nucleari, fonti di inquinamento radioattivo dell’intero
pianeta.
Nel 1958 un gruppo di scienziati, fra cui appunto
Commoner, allo scopo di informare un vasto pubblico, si fece
promotore di un notiziario, «Nuclear Information» (divenuto nel
1964 «Scientist and Citizen»); per molti anni il gruppo di
Commoner fu tra quelli più attivi e più noti nella divulgazione di
quello che si palesava sempre più come il problema dei
problemi.
Sopratutto Commoner era tra i più attivi nel mettere in
evidenza l’aspetto POLITICO del problema ambientale, nel senso
preciso che solo scelte generali che IMPONESSERO al mondo della
produzione l’adozione di metodi meno impattanti sull’ambiente
potevano avere risultati significativi.
Persino le (poche) menti critiche all’interno del mondo capitalistico cominciano a porsi in modo problematico i temi posti dallo sviluppo ad oltranza, nel 1968 nasce il club di Roma (Aurelio Peccei, Alexander King e vari altri dirigenti d’impresa, ricercatori ed economisti) e nel ’72 veniva pubblicato “I limiti dello sviluppo” e sullo stesso filone, nel ’78 “La delusione tecnologica”.
Il testo di Commoner “Il cerchio da
chiudere” apparve in Italia nel ’71 e costituì un elemento
traumatico per quella minoranza che cominciava a comprendere la
rilevanza dei problemi in gioco.
Lo stesso anno usciva a
Cambridge, Mass. l’opera fondamentale di Georghescu Roegen “ la
legge dell’entropia ed il processo economico”, che sarà a
fondamento, tra l’altro, dei successivi lavori di Amata e Notarrigo
sull’ isomorfismo tra sistema termodinamico e sistema
produttivo.
Nel ’76 il gruppo The Alchemist Institute pubblicava
“The Journal” in cui le acquisizioni del crescente movimento
ambientalista assumevano un carattere di divulgazione di massa, nel
clima hippy degli anni del riflusso, ma già nel ’74 era uscito in
Italia “Fallo da te”, un manualetto nel quale si insegnavano
divertenti strategie di sopravvivenza al di fuori dei meccanismi
della produzione “ufficiale” di merci.
Ormai ci avviciniamo
agli anni ’80, ed il clima culturale del movimento di sinistra in
Italia si divide tra coloro che fecero la scelta della lotta armata,
coloro i quali scelsero la lotta ambientalista, con le fondamentali
differenze che vedremo, un consistente gruppo che si ritirò nel
privato, con la variante della lotta di genere, chi scelse di
continuare la lotta per lo sviluppo e la diffusione del comunismo.
Sostanzialmente si creava una netta divaricazione tra coloro i quali ritenevano, sulla base di precise e circostanziate argomentazioni di natura “globale” che la denunzia del disastro ambientale costituisse un aspetto, fondamentale, del più generale acuirsi della lotta di classe, e coloro i quali facevano della denunzia dei singoli aspetti del dissesto e di presunte soluzioni individualistiche per contrastarlo, il nucleo del loro attivismo.
La diffusione di quest’ultimo atteggiamento fu rapida ed irrefrenabile, alimentata com’ era da una sempre maggiore evidenza dei disastri che il capitalismo causava in tutto il mondo, persino nelle aree più remote.
Il clima di riflusso alimentava in quegli anni una sempre maggiore diffusione di teorie reazionarie, metafisiche e religiose, spesso di origine orientaleggiante, pompate da raffinati cervelli dei think thanh USA e non solo. La mescolanza tra questi due elementi diede una sinergia rapida ed inaspettata alla diffusione del clima di generalizzato sospetto verso tutto ciò che presentasse un aspetto scientifico, la scienza fu vista come una manovra di occulti santoni che tramavano contro il benessere degli individui… (confondendo opportunamente tra scienza e la sua applicazione pratica, la tecnologia, essa sì soggetta alle più svariate manipolazioni di mercato, molto ma molto di più che non la ricerca fondamentale).
E’ questo il clima, a mio avviso, in cui proliferarono le teorie “ambientaliste” più subdolamente reazionarie, tra cui spiccano e si intrecciano permacultura e grillismo.
Affrontiamo intanto la prima, partendo dalla omonima voce su Wikipedia.
Wikipedia appare a molti un volgare espediente per banalizzare ed annacquare la ricerca. Non sono d’accordo.
Trenta anni addietro, lo studioso od il curioso che avesse voluto approfondire un tema di cui non aveva a disposizione sufficiente documentazione, doveva impiegare settimane o mesi a sfogliare polverosi archivi in biblioteche spesso sfornite, doversi spostare per centinaia di km, con risultati poi incerti e aleatori.
Wikipedia permette un rapido approccio al tema richiesto, sia pur col grave limite dell’anonimato dell’ autore e delle revisioni, ma che non è difficile attribuire ad una od all’altra corrente di pensiero se ci si trova di fronte a questioni particolarmente controverse.
In ogni caso, se affrontato con il necessario spirito critico, è, al di la di ogni dubbio, un prezioso strumento di apertura del percorso di approfondimento del tema trattato.
La voce PERMACULTURA ad es. appare subito come stilata da un esperto cultore dell’argomento.
L’ incipit non potrebbe essere più esplicativo:
«Le strategie “dal basso verso l’alto” più rilevanti partono dall’individuo e si sviluppano attraverso l’esempio e l’emulazione fino a generare cambiamenti di massa. La permacultura [….] non ha come obiettivo principale quello di far pressione su governo e istituzioni per cambiare la politica, ma quello di permettere a individui, famiglie e comunità locali di accentuare la loro autosufficienza e autoregolazione. […] Tale approccio si basa sulla consapevolezza che una parte della società è pronta, disponibile e in grado, sostanzialmente – questo è ancora più significativo – di cambiare il proprio comportamento, se crede che ciò sia possibile e rilevante. Questa minoranza socialmente ed ecologicamente motivata rappresenta la chiave di volta di un cambiamento su larga scala.» |
(David
Holmgren, Permacultura, dallo sfruttamento
all’integrazione. Progettare modelli di vita etici, stabili e
sostenibili)
La prima
edizione del testo citato è del ’78, quando già si era
verificata una ampia e molteplice diffusione, anche (e
sopratutto)a livello divulgativo, delle tematiche ambientaliste
che avevano iniziato ad assumere un valore rilevante nella
formazione politica di crescenti strati in via di
politicizzazione.
Il ricorso a
soluzioni di tipo individualista appariva un prezioso vicolo cieco
sul quale dirottare la crescente consapevolezza della
incompatibilità del sistema basato sull’anarchia del mercato
con la sostenibilità ambientale.
Tutte le
acquisizioni emerse nel corso degli ultimi 20 anni vennero
utilizzate e strumentalizzate nella creazione di una ondata di
movimenti che si fregiavano di etichette ultra-innovative, se non
rivoluzionarie.
Tutti
movimenti che miravano, ed ancora mirano, ad un presunto “sviluppo
sostenibile”, ignorando quello che sin dai primi lavori di
Georghescu Roegen appariva palese ed chiaramente dimostrabile: che
la legge del capitale, magistralmente enunziata e dimostrata da
Karl Marx, escludeva ogni possibile forma di regolamentazione
della corsa alla crescita del profitto.
Tale ferrea
legge non può in alcun modo messa in discussione, pena il crollo
del sistema, come evidentemente appare dalla Equazione di Marx.
Più recenti
elaborazioni della teoria economica marxiana (Notarrigo, Pagano),
dimostrano come la corsa alla crescita entropica non può essere
frenata se non con la drastica contrazione quantitativa delle
merci prodotte. Ogni altro escamotage appare un inutile pannicello
caldo. Cosa che ha portato anche a improbabili tentativi di
proposte alternative, come la tristemente nota “decrescita
felice”, (Latouche, Pallante) sfociata come ben sappiamo. La
riduzione della quantità di merci comporta in quanto tale
la impossibilità di sopravvivenza del sistema
capitalista-imperialista.
Al
contrario, le strategie ultra-individualiste ben rappresentate
da Holmegren, partendo da strategie “dal basso” teorizzano il
possibile rovesciamento delle abitudini quotidiane di vita di
grandi masse di popolazione senza minimamente porre in discussione
l’assetto politico economico complessivo.
Come si
sviluppa il discorso della cosiddetta “permacultura”?
Partendo, come si è visto, nel’78, quando gran parte delle
acquisizioni scientifiche sull’ambiente si erano ben consolidate,
la permacultura saccheggia a piene mani quanto già ampiamente
acquisito, e partendo quindi da affermazioni divenute pressochè
“ovvie”, le devia via via su canali, a)come visto,
rigorosamente individualisti, b) aperti alle più bizzarre e
inconcludenti teorie spiritualistiche e pseudoscientifiche
(Fukuoku ad es che sostiene di potere produrre grano arricchendo
la terra di una non meglio specificata “energia”al posto del
volgare e materiale concime, e poi la agricoltura biodinamica,
l’alimentazione vegana, la crudista, e l’ultracrudista, il
re-birthing, e chi più ne ha più ne metta).
Se andiamo a
rimestare nelle accezioni e poi nelle pratiche esecutive della
cosiddetta agricoltura biodinamica, restiamo frastornati dalla
varietà e contraddittorietà delle “cose” che vengono
chiamate “biodinamiche”, ma tutte con un denominatore comune:
il fondamento antiscientifico e da stregoneria medioevale delle
pratiche proposte sotto tale nome.
E’
interessante seguire il cammino semantico del termine
Permacultura. Inizialmente era stato coniato il termine
anglosassone come sintesi di “permanent agricolture”, in
italiano Permacoltura.
Data la
notevole e crescente diffusione di questo impasto sembrò utile ai
suoi promotori un sottile inganno linguistico: in inglese si
trasformò nella sintesi di Permanent e Culture, tout court, e in
Italiano in Permacultura, proprio a significare che non di
una pratica settoriale, agricola, si trattava,ma di una vera e
propria filosofia di vita.
Si tratta di
raffinatezze di cui si può intuire l’origine non tanto in rozzi
think thank bellicisti (Kissinger, Perle) quanto all’ interno di
strutture universitarie quali facoltà ed istituti di sociologia
nordamericane (anche se i primi testi di Mollison ed Holmgren sono
apparsi in Australia).
La maggior
parte delle considerazioni appena fatte valgono, in ambito locale,
per il sig. Giuseppe Grillo.
Antesignano
in Italia della banalizzazione a livello di grandi masse, tramite
trascinanti spettacoli umoristici, dei temi da decenni sul tappeto
della ricerca scientifica, Grillo ha avuto la eccezionale capacità
di apparire come uno straordinario precursore delle tematiche di
denunzia ambientalista, di cui fu invece solo una gran-cassa di
risonanza. Ma: -L’approccio grillesco è puramente volto alla spettacolarizzazione degli effetti perversi dell’ abnorme produzione di merci -Le soluzioni proposte, oltre a non tenere minimamente conto delle loro conseguenze generali e dei bilanci entropici, molto spesso, in un quadro dilettantesco e spettacolarizzante, appaiono in realtà peggiori del male che dovrebbero eliminare, e nella loro frammentarietà sono del tutto inidonee a fornire una risposta concreta ai giusti problemi dai quali scaturiscono. -Il sottofondo ideologico di OGNI discorso grillino è: gli imprenditori (ha mai parlato negli ultimi anni di capitalisti? Non mi pare) sono sostanzialmente scemi, miopi ed incapaci, tranne qualcuno all’estero veramente furbo, anzi smart, che si aggiorna sulle ultime frontiere della tecnologia. Seguitemi, imprenditori, seguite le soluzioni SMART all’ultimo grido della tecnologia che vi propongo, le mie stampanti 3D, e costruiremo assieme la società intelligente del futuro, la vera green economy! E’ la versione aggiornata dell ‘INTERCLASSISMO CORPORATIVO, la teorizzazione della UNICITA’ di intenti e di obbiettivi di imprenditori (ma solo quelli furbi!) e loro dipendenti, di sfruttati e sfruttatori. Il fondamento teorico sciorinato alle masse popolari dai fascismi di tutti i tempi. (i fondamenti teorici generali li troviamo a ben altri livelli nelle opere di Gentile, di Nietzche, di Hitler ecc. ecc.) Esattamente il contrario di quello che sin dai primi anni ’70, come visto sopra, hanno dimostrato gli studiosi più avveduti, e cioè la assoluta incompatibilità, per motivi termodinamici, tra il sistema di produzione delle merci, basato sulle regole di mercato, e la sopravvivenza stessa del genere umano. La assoluta necessità di rovesciare il sistema produttivo (e quindi ovviamente politico) in un sistema di tipo socialista in cui non si produca valore economico sotto forma di denaro ma solo valore sociale sotto forma appunto di beni sociali. Non è questo certamente il luogo di fornire bilbliografia, ma se ne può trovare a iosa. Dal discorso grillesco che è l’esatto opposto di quanto detto sopra, non poteva che scaturire l’appoggio al corporativismo, e quindi al fascismo, che del corporativismo fa, come detto, la sua base ideologica per le masse, la struttura stessa del populismo. (Della base ideologica profonda, filosofica, se ne parla solo in separata sede, nei cenacoli di Uomini di Adeguato Livello). Non è un caso che il grillismo abbia fatto da tappetino e da scala mobile alla versione moderna (moderna?) del fascismo, non è un accidente di percorso, è esattamente il suo DNA come manifestatasi apertamente negli ultimi 20 anni, anche se sottilmente rinvenibile in tutte le sue precedenti posizioni di “ambientalista” reazionario. Come si decide se una scelta economica importante (v. le Grandi Opere) deve essere portata avanti dal governo grillo-fascista? Dopo una attenta Analisi Costi-Benefici! Senza alcuna specificazione di chi deve sostenere i costi ed a chi andranno i benefici! Ed essendo, almeno mi pare, in uno stato rigorosamente liberal-capitalista, sappiamo perfettamente chi sosterrà i costi ed a chi andranno i benefici. Ed ecco il cerchio che si chiude. Dopo il 4 marzo non c’è più nulla da fare? Personalmente credo che ci sia moltissimo da fare, le contraddizioni latenti sono pronte ad esplodere, vero è che decenni di TV berlusconiane, di calcio e di chef, hanno ridotto a brandelli i cervelli di gran parte degli italiani, ma le contraddizioni REALI soni lì, hai voglia di distrazioni di massa, hai presente l’Ungheria? La stessa Polonia, la Russia, la Francia pur con le sue contraddizioni. La confusione è grande sotto il cielo, la situazione è eccellente (Mao). |