RELAZIONE AL SEMINARIO TENUTO A CATANIA IL 29.11.2019 PRESSO LA SALA G. GIUFFRIDA

Ho accettato con grande piacere l’offerta che mi è stata fatta dagli amici dell’UAAR di Catania di parlare di questioni i cui effetti si ritrovano OGGI in ogni momento della vita quotidiana, e ai quali  vorrei accennare prima di entrare nel merito della figura di questo nostro straordinario conterraneo.

Penso che sia indispensabile per tentare di inquadrare la figura di Archimede lo schema cronologico delle figure di massimo spicco dei secoli che lo precedettero. Vedremo via via come in Archimede, come in ogni altra personalità geniale della storia umana, confluiscano le conquiste degli straordinari genii che hanno caratterizzato i secoli che lo hanno preceduto.

Ma per i secoli che seguirono dobbiamo aspettare a mio avviso almeno 17-18 secoli prima di imbatterci nuovamente in menti eccelse, in grado di rompere le incrostazioni culturali che attorno alla filosofia ed alla scienza mediterranea  si erano formate.

Sappiamo qualcosa delle figura di Ipazia, a quanto pare grande astronoma e (quindi) matematica di Alessandria, ma sappiamo anche che le sue opere furono devastate durante al suo assassinio ad opera dei sanguinari cristiani della sua epoca (e, va detto, di ogni successiva epoca).

Credo che mai come in questa nostra fase storica si comprenda l’importanza essenziale dello scontro tra l’atteggiamento scientifico-razionale della realtà e quello metafisico-emozionale.

Ci accorgiamo che il rifiuto della concezione pitagorica del mondo, in cui il reale è tale se è numerabile, se può essere associato cioè ad un sistema numerico, se può essere quantificato in relazione ad una unità di misura, è  una questione che rimanda subito alla concezione archimedea della scienza e della realtà, ma di cui ci occuperemo tra poco.

Esempio di estrema attualità: La lega riesce a raccogliere a quanto pare il 57 % dei voti operai (ma è un dato ragionevolmente credibile) sulla base di una mitologica riduzione delle tasse e quindi di un incremento del salario effettivo.

Gli operai si trovano nella stragrande maggioranza nello scaglione del 12% che si riduce, per le deduzioni e detrazioni fiscali,a meno del 10%. La Flat tax leghiana è al 15 %. Non ci dovrebbero essere commenti. Sorvoliamo sul fatto che un regalo del 30% di tasse ai magnati capitalisti permetterebbe loro il raddoppio degli yatch a bandiera panamense (ma costruiti in Cina) ed al raddoppio delle ville ai Caraibi. Sorvoliamo sul fatto che se costoro volessero magnanimamente investire nelle loro aziende ancora in Italia, investirebbero nelle automazione e quindi nella espulsione di manodopera. Sorvoliamo sugli aspetti etici della corruzione, del furto sistematico delle risorse pubbliche, ma il dato centrale della questione rimane: La flat tax raddoppia le tasse ai lavoratori dipendenti, le riduce ad un terzo ai nababbi.

Sarebbe sufficiente a capire che l’aspetto reale e concretamente numerabile delle proposte politiche scompare davanti ad aspetti mitologici come la capacità di porsi come salvator mundi  di capacità superiori a cui affidare pieni poteri.

Questione migranti: non mi addentro in analisi complesse, ma appare più che evidente che i NUMERI dei rifugiati sbarcati in porti italiani è del tutto trascurabile se non risibile, che gli emigrati in Italia sono percentualmente un terzo rispetto a quelli presenti nella gran parte dei paesi europei, che i delitti compiuti da migranti sono una percentuale minima rispetto al totale.

Di queste questioni, i dati numerici forniti in gran copia da istituzioni indipendenti passano come pioggia su tetti ben costruiti, senza che ne penetri neanche una goccia.

E’ un fatto nuovo, dovuto magari ai media concepiti in modo da ottenebrare le capacità critiche di chi ne usufruisce (tutti, ormai)? Non credo.

E’ invece l’aspetto nuovo di una lotta ideologica, filosofica, che si è palesata sin dal momento in cui l’umanità nel suo processo evolutivo ha iniziato a porsi il problema della SPIEGAZIONE, di cercare cioè le cause degli eventi invece che attribuirli a forze misteriose ed ipotetiche.

Cioè a cercare le Leggi della materia, a cui sottostanno le entità materiali che costituiscono la realtà EFFETTIVA che ci circonda.

Non forze misteriose ed ipotetiche incarnate da una classe di sacerdoti che della credulità popolare facevano e fanno  il punto di forza per una vita parassitaria e per un potere indiscusso.

Non è facile datare la nascita di un atteggiamento filosofico di rifiuto della visione favolosa e metafisica delle cause del reale, e di ricerca di leggi che spiegassero la realtà con la realtà.

Ci rimane ben poco delle opere dei primi soggetti che hanno indagato il reale, dei primi filosofi naturalisti. Troviamo frammenti di Parmenide principalmente nelle opere di filosofi che lo hanno citato,e lo stesso vale per la maggior parte dei lavori del pensiero mediterraneo di quei secoli.

Dobbiamo avere ben chiaro che le opere miracolosamente lucide e logicamente impeccabili dei grandi filosofi della natura del remoto passato delle civiltà del bacino del Mediterraneo sono state accuratamente,  fisicamente distrutte dai seguaci dei filosofi che costruendo una visione metafisica del reale ne erano gli evidenti nemici.

Le chiese cristiane, mentre preservarono con la massima cura i testi dei loro antesignani, Platone, Aristotele e le loro scuole, disprezzarono e spesso distrussero le opere delle menti critiche rispetto alla metafisica trionfante per secoli e secoli.

Vedremo più avanti le vicende delle opere di Archimede ed in particolare dell’ormai famoso Palinsesto

        Più volte mi sono chiesto quali siano le cause della indiscutibile supremazia sul piano tecnologico, e quindi scientifico scientifico (e quindi politico e militare) ma anche di capacità di imporre modelli culturali al resto del mondo, della cultura nata e sviluppatasi nel bacino del Mediterraneo o forse sarebbe meglio dire nel Mediterraneo centro meridionale.

Poi , analizzando con un po’ di attenzione le carte geografiche della regione della terra in cui si andò via via installando Homo Sapiens nel corso dei millenni, il perchè si arriva a chiarire un po’.

Se è vero, come appare accertato, che le grandi migrazioni partendo dall’Africa orientale si diressero verso il Mediterraneo centro orientale, il Medio Oriente, l’India del Nord, generando una complessa miriade di culture, si comprende come tutte queste culture potessero creare una sorta di baricentro proprio nel Mediterraneo Orientale, tra Grecia continentale, Calabria, Sicilia, arcipelago egeo, Asia minore, Siria, Egitto.

Area verso cui affluivano, utilizzando i canali commerciali che via via si andavano costituendo, gli echi delle più lontane culture  della Mesopotamia, della Persia e dell’ India.

Durante il millennio che inizia dall’XII secolo a.c. gli scambi tra le varie aree del Mediterraneo sono continui ed intensi, anche per la particolare attitudine, alla espansione commerciale dei popoli che dal nord scendevano verso l’Attica, accomunati da una lingua in qualche misura unitaria, e cioè il greco sia pur nelle sue tante varianti.

Si installano in Campania, nella Calabria tirrenica e jonica, nei tre versanti della Sicilia, nelle innumerevoli isole dell’Egeo, in Asia Minore, in Egitto, arrivano a scambi con gli Etruschi ed altri popoli delle coste italiche, se ne trovano tracce certe in Corsica, in Sardegna, nelle Eolie.

Per almeno quattro secoli il pensiero dei popoli mediterranei fu un progressivo e tormentato superamento della visione mistico-religiosa dell’esistente. Sulle orme della scuola pitagorica che fondava sui numeri interi e sui loro rapporti l’intera realtà (con svariate fughe peraltro verso una visione magica del concetto di numero), si arriva a Democrito che perviene con sole argomentazioni logiche alla  concezione arditissima dell’esistente come insieme di particelle di materia immerse nel vuoto. Un Democrito che per esaudire il bisogno di allargare i suoi orizzonti intellettuali si spinge fino alla Persia, alla Etiopia e pare sino in India.

Torniamo al numero: se io osservo alcuni insiemi di oggetti diversi ma accomunati dall’essere insiemi di tre, il tre sarà una astrazione, indubbiamente, ma che scaturisce dalla osservazione, dalla proiezione nel nostro sistema neuronale, della materiale presenza di oggetti ben determinati.

Oggi un counter si compra a pochi euro per inserirlo in qualunque aggeggio che compia operazioni in cui è necessaria una quantificazione di oggetti o eventi, certo non è una proiezione dell’Infinito, o dell’ anima o dell’iperuranio o di non so che.

Ma questa osservazione rivoluzionaria dei pitagorici scatenò la reazione dei residui ma fortissimi fautori delle ideologie metafisiche, che con Platone, e con Aristotele poi, iniziarono a demolirla con argomentazioni strumentali, logicamente inconsistenti, ma che appaiono del tutto funzionali alla classe che nelle varie aree del Mediterraneo aveva faticosamente conquistato il potere.

Uno per tutti, il povero Socrate liquidato come corruttore della gioventù perché la sua analisi critica della realtà escludeva gli dei come elementi propulsori del mondo.

E non mi risulta (forse sono poco informato) che Platone, allora vivente e attivo, abbia protestato per tale crimine.

Cosa c’è e chi c’è PRIMA, DURANTE E DOPO  Archimede:

egli si colloca cronologicamente subito dopo Epicuro da un a parte ed Euclide dall’altra, circa un secolo e mezzo quindi dopo Democrito, due-tre secoli dopo Talete e Pitagora.

In Archimede è confluito il meglio della scuola scientifico-matematica della sua epoca.

Se si pensa che in Democrito confluirono esperienze di pensiero da tutto il mondo conosciuto, che lo stesso può certamente dirsi per Euclide, ritengo ingiusto e riduttivo la corrente definizione di Archimede come di uno scienziato, filosofo e matematico greco.

Se mai parlerei di uno scienziato, filosofo e matematico siciliano di lingua greca, anche tenuto conto che i Greci erano sbarcati in Sicilia già da una ventina di generazioni, avevano fuso la loro cultura con quella dei popoli autoctoni e l’avevano integrata con quella di tutti i popoli del mondo allora noto.

La figura di quest’uomo, se è vero che viene costantemente ricordata ed esaltata, è a mio avviso subdolamente svilita e artatamente ridimensionata. Il nucleo della sua figura è divenuto l’aspetto tecnico, quello del GENIALE INVENTORE, un aspetto che se in effetti è importante nella valutazione complessiva dell’ uomo Archimede, se isolata dal contesto scientifico e filosofico di cui è un architrave, rende impossibile la comprensione della grandezza di Archimede.

E’ lo stesso tentativo che viene portato avanti nella glorificazione di un altro genio del pensare e del fare, quel Leonardo di cui stiamo celebrando il 500 esimo dalla morte, ridotto anche lui a geniale inventore che poi – a parte- dobbiamo attribuire straordinarie abilità pittoriche.

E non a caso Leonardo apre la strada a Galileo, anche lui sommo estimatore di Archimede, per quello che nella sua epoca si riusciva a conoscere.

Su alcune delle fantastiche invenzioni che gli vengono attribuite, quale quella degli specchi ustori che avrebbero incendiato le navi romane, e su varie altre, esistono addirittura fondati dubbi.

In realtà l’attenzione di Archimede nei confronti della tecnica è qualcosa che va ben oltre la genialità applicativa estemporanea dell’ inventore: la tecnica è per Archimede il punto di partenza, collegato alla intima realtà dell’esistente, per sviluppare, con il metodo della deduzione logica, quello che è il mondo della astrazione, ed in particolare, ma certo non il solo, quello della più astratta tra le astrazioni, e cioè la matematica.

Nella notissima lettera ad Eratostene di Alessandria  troviamo forse uno dei fulcri del pensiero scientifico di tutti i tempi: dopo avere citato Democrito che aveva  per primo osservato, e generalizzato per induzione, che il volume di un cono era la terza parte di quello di un cilindro di pari base e pari altezza, attribuisce ad Eudosso da Cnido il merito fondamentale di avere trovato la dimostrazione, a mezzo della deduzione logica, di quella ed altre proprietà fondamentali dei solidi.

Parimenti, alcune fondamentali proprietà delle parabole e di altre figure piane  e solidi, erano state enunciate da Archimede che ne aveva oggi diremo testata la validità con metodi empirici, puramente deduttivi, che lui definisce “meccanici”.

Ad es. ritagliando superfici definite geometricamente su fogli di materiali omogenei (non esisteva il cartoncino, ma posso pensare a pergamene o papiri, o a qualcosa di simile, e pesandole per avere conferma dell’equivalenza. Oppure riempiendo di sabbia volumi di figure solide.

Ma, scrive Archimede, questi metodi, se possono costituire una  provvisoria acquisizione delle proprietà delle figure, non sono una vera e propria dimostrazione, non possono permettere un vero e proprio sviluppo della scienza.

Questo, (quello della dimostrazione logico-deduttiva), scrive al collega Eratostene, dovrà essere per i viventi e per i futuri il metodo che permetterà sviluppi, oggi non prevedibili, delle scienze astratte, in collegamento diretto e costante con la materialità delle scienze della natura e della fisica in primo luogo.

Debbo notare che con Eratostene Archimede non si comporta bene: prima gli spedisce un gruppo di teoremi che ha assunto come veri per via meccanica, quindi con metodo induttivo, chiedendogli (ma in pratica sfidandolo) di dimostrarli definitivamente per via logico-deduttiva. Su questa questione rimane abbastanza sul vago, ma sembra emergere che lui la dimostrazione vera e propria la avesse già quando li propose ad Eratostene, e comunque, visto che il collega non gli aveva risposto, gli rivela con questa lettera il procedimento seguito.

Abbiamo la sensazione che stia giocando un po’ come il gatto col topo, scommettendo che nessuno nella sua epoca sappia padroneggiare come lui lo strumento di analisi logico-deduttiva messa a punto da Euclide circa mezzo secolo prima negli “ELEMENTI” e tale da costituire un’ arma talmente potente che fino alla fine del XIX sec. era considerata il fondamento unico di tutto l’edificio della geometria.

Una breve digressione sul metodo euclideo: Euclide fu il primo, a quanto  risulta, a fondare tutto l’edificio della matematica, ed in particolare della Geometria, su tre capisaldi fondamentali: le DEFINIZIONI, gli ASSIOMI e le DIMOSTRAZIONI.

Le definizioni costituiscono il CORPUS degli oggetti matematici di cui si parla.

Gli assiomi sono assunte come verità evidenti ed indimostrabili, a partire dalle quali, con il ragionamento logico, si perviene alla DIMOSTRAZIONE di impensabili proprietà degli enti in precedenza definiti.

Alla fine dell’800 Gauss prima ed altri matematici poi provarono a modificare e sostituire alcuni postulati fondamentali in Euclide pervenendo a geometrie non euclideee totalmente nuove, di straordinario interesse e che dimostrarono ancora una volta la validità del metodo di Euclide, anche sostituendone alcuni dei postulati, e fino alla metà del XX° secolo il matematico virtuale Bourbaki sviluppo’ (svilupparono) in un’opera sterminata la matematica assiomatica.

Che, per inciso, è stata messa in crisi solo da alcuni decenni, dal celebre teorema di incompletezza di Goedel, ancora oggi oggetto di discussioni roventi.

Quindi si potrebbe affermare che in fondo Archimede sia stato solo un continuatore ed uno sviluppatore dei grandi del passato ed in particolare di EUCLIDE.

Non è certamente così. Il legame di Archimede con le scienze naturali, la capacità di indagare il metodo di formazione delle idee a partire dalla esperienza e cioè dall’impatto della materia cerebrale con il resto della materia che costituisce l’esistente, costituiscono un pilastro centrale nella storia dell’umanità.

Torniamo ad Euclide: Euclide fu definito da Proclo come un appartenente alla scuola platonica, per la sua capacità di padroneggiare come pochi il mondo delle idee. Archimede rimette le cose a posto, indagando le RADICI delle idee: Il sovrannaturale mondo dell’ iperuranio o la capacità di esprimere a livelli di alta generalizzazione le proprietà dei fatti che osserviamo?

Le riflessioni di Archimede sul metodo TECNICO di indagine della realtà, la necessità di superarlo senza però negare la indispensabile validità di indagine preliminare del metodo induttivo, ne hanno fatto per secoli, si una figura mitologica, ma anche e soprattutto una figura da mascherare e contraffare, specie nei secoli in cui la scuola idealista, platonico-aristotelica, costituiva la base ideologica, solida e intoccabile, del potere politico, religioso e militare .

E allora la storia di Archimede vittima di un soldataccio romano contro la volontà del conquistatore Marcello cade miseramente: Archimede viene ucciso così come la splendida città di Siracusa viene fatta a pezzi, perché in un sistema imperialista fondamentalmente barbarico come quello romano, non può esserci posto per un pensatore della profondità di Archimede, che sintetizza e porta al massimo livello l’intero pensiero della filosofia naturalista-materialista del bacino del Mediterraneo.

Galileo, che considerava Archimede il massimo punto di riferimento della scienza di ogni tempo, riteneva, riportando il parere diffuso tra gli studiosi del passato, che egli avesse dato un carattere misterioso e iniziatico ai suoi studi, nascondendo artatamente parte delle dimostrazioni di proprietà da lui enunziate.

In realtà erano i suoi avversari che avevano, appena possibile, distrutto od occultato varie sue opere. Esemplare la storia, casualmente ricostruita, del celeberrimo Palinsesto.

In questo manoscritto Archimede pubblica tutta una serie di elaborazioni matematiche di altissimo profilo, e persino, utilizzando il metodo di esaustione ampiamente usato da Eudosso da Cnido, perviene al concetto di limite poi scoperto dopo circa 17-18 secoli da personaggi quali Newton, Leibnitz ed altri fondatori del calcolo differenziale. In tal modo definsce la lunghezza di una circonferenza come il valore comune (valore limite) a cui convergono i poligoni regolari inscritti in una circonferenza e quelli ad essa circoscritti, al crescere del numero dei lati, ed ottiene un valore di Pigreco di notevole precisione.

Un’opera di questo tipo non poteva che essere censurata in un periodo come quello dei primi secoli del cristianesimo crescente, e il supporto in pergamena fu infatti raschiato e, ritenendolo definitivamente abolito, ricoperto da una serie di preghiere che costituivano un eucologio custodito per secoli in un monastero di suore di  Costantinopoli. Per una serie di vicende fortuite, il manoscritto venne in possesso di alcuni studiosi che riuscirono a riesumare con tecnologie avanzatissime i testi sottostanti, addirittura una TAC opportunamente adattata, ed a rivelare al mondo che l’accanimento censorio nei confronti di Archimede aveva ritardato di millesettecento anni gli sviluppi successivi del pensiero scientifico.

Da qui l’equivoco in cui era incorso Galileo e tanti filosofi e uomini di scienza del suo tempo.

Bisogna però dire che la fama di Archimede fu tale che molti studiosi ed anche alcuni preti ne riprodussero i manoscritti disponibili, anche se non sappiamo quali siano riproduzioni fedeli e quali manipolate, cosa peraltro molto comune per tutti gli scritti degli autori del remoto passato.

Che dire allora della comune opinione che fa di Archimede un geniale inventore di tecniche bizzarre e niente più? Si tratta, a mio avviso di un vero e proprio depistaggio, simile non a caso a quello messo in opera nei confronti di Leonardo, forse il primo Archimedeo dell’epoca della Scienza Moderna. Anche di Leonardo, proprio in questi mesi del 500° dalla morte, viene propagata l’immagine del geniale e bizzarro inventore, sottacendone il contributo straordinario di innovatore del metodo medioevale di indagine del mondo.

Non ho sentito citare in questi mesi, ad es. quando scrive con godibile ironia che «il resto della difinizione dell’anima lascio ne le menti de’ frati, padri de’ popoli, li quali per ispirazione sanno tutti i segreti. Lascio star le lettere incoronate [le Sacre Scritture] perché son somma verità».

            Ma ribadisce: «E se noi dubitiamo della certezza di ciascuna cosa che passa per i sensi, quanto maggiormente dobbiamo noi dubitare delle cose ribelli ad essi sensi, come dell’essenza di Dio e dell’anima e simili, per le quali sempre si disputa e contende. E veramente accade che sempre dove manca la ragione suppliscono le grida, la qual cosa non accade nelle cose certe»

Mi pare utile in questa sede citare un cospicuo attacco ad Archimede che riscontriamo in Mach, fisico geniale e filosofo, credo,  molto meno geniale, autore di quella teoria dell’empiriocriticismo che pone a suo fondamento il riferimento costante e sostanzialmente esclusivo ai sensi con cui l’uomo si rapporta con il reale, ponendo a fondamento della scienza il metodo induttivo spinto alle sue estreme conseguenze.

Si tratta di una superficiale adesione alle posizioni di Leonardo prima e di Galileo dopo quando parla di “sensate esperienze”, ma certamente in nessuno dei due troveremmo la negazione della visione di Archimede secondo la quale a partire dalla esperienza sensoriale non si può che pervenire alla più elevata astrazione, alla Matematica, per descrivere l’oggettività del reale.

V. la formazione del Principio di inerzia di Galileo.

Anzi, entrambi fondano la loro totale adesione alla personalità scientifica di Archimede proprio sul suo costante richiamo alla matematizzazione del reale.

Il soggettivismo di Mach, nato come reazione ad una possibile interpretazione metafisica delle leggi della natura, si avvolge su se stesso fino a costituire inconsapevole, a mio avviso, ritorno ad un soggettivismo che nega la oggettiva realtà della materia e delle leggi che la determinano.

Anche Lenin sentì il bisogno di polemizzare con Mach nella sua opera materialismo ed empiriocriticismo.

Ho voluto citare Mach perché nell’ultimo secolo si è scatenata una critica feroce ai fondamenti ed ai metodi della fisica accusata di schematismo metodologico e di incapacità di affrontare i problemi che nascono con gli studi di Bohr,  di Heisemberg e di Einstein sulla teoria dei quanti, di indeterminazione, sulla relatività generale. Si è scatenata così la caccia al fisico, a colui che segue la visione classica, materialistica, della realtà per privilegiare visioni ancora una volta metafisiche  e negazioniste rispetto alla possibilità di comprendere le leggi della natura.

Non è il caso in questa sede di affrontare  tematiche di enorme complessità, basterà informare che a queste tesi che definirei negazioniste, si contrappone oggi un nucleo di fisici che riesce ad includere le leggi emerse all’inizio del XX° secolo nell’ambito di una estensione logico-deduttiva della fisica classica. (ampia documentazione nel prezioso saggio di Giuseppe Boscarino e Salvatore Notarrigo: La meccanica quantistica: Scienza o Filosofia? Edizioni cooperativa “Laboratorio” – SR, v.   http://www.lascuolaitalica.it/   )

Ancora due parole per ribadire meglio il nesso tra ideologia metafisica e politica reazionaria di oppressione di una classe sul resto della società.

Il cardine su cui si fonda la ideologia, la cultura di destra, è semplice e chiaro, anche se costantemente occultato sotto un profluvio di sciocchezze fumogene:

Tra gli uomini esiste (postulato indimostrabile) una profonda disparità di nascita, per censo, per razza e per capacità;  i migliori ed i più adatti sono destinati al comando, e dopo una feroce lotta il migliore tra i migliori è destinato ad acquisire il potere e, per fortuna dei poveri e dei deboli, ad assumere il comando che porterà al successo la fortunata società che lo ha espresso convincendo poveri e deboli alla collaborazione con la catena di comando del Capo. Quello che comunemente viene chiamato corporativismo.

Tutto ciò scaturisce direttamente dal più astratto, fumoso e indefinibile dei concetti metafisici:  FATO, o DESTINO, o VOLONTA’ DIVINA, a seconda dei casi. ( V. l’Uomo della Provvidenza, o l’ Unto dal Signore)

A partire dal quale postulato tutta la successiva sequenza di affermazioni e considerazioni che costituiscono quella che assume il nome di CULTURA DI DESTRA viene dedotta in modo apparentemente logico, frutto di un buon senso che costituisce la applicazione quotidiana e banalizzata di regole logiche già banali alla radice, quale la logica aristotelica, non a caso per più di due millenni posta a fondamento dell’ edificio del cristianesimo e impietosamente analizzata da secoli dai logici più acuti e indipendenti.

Naturalmente nell’ambito delle ideologie metafisiche non può esserci spazio di alcun genere  per quel flusso dinamico di pensiero scientifico e matematico di cui Archimede è uno dei più grandi pilastri.


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